Un grande desiderio di amare di sentirsi amati.

Abbiamo ascoltato tanti “amici”. Ci hanno raccontato, con molta libertà, fatiche, errori, sofferenze, ansie, speranze, e qualcuno ci ha anche confidato la sua disperazione. Non so se è solo una mia impressione o se lo hai colto anche tu: il fatto di lasciarli parlare, o scrivere tutto quello che avevano dentro ce li ha fatti sentire più vicini. Altro che “mele marce”.

Persone con i nostri stessi bisogni, con le nostre stesse esigenze. Ragazzi, ragazze, uomini o donne con un gran desiderio di amare e di sentirsi amati, con voglia di comunicare, di essere valorizzati nel rispetto della loro dignità e alla ricerca del senso della vita. Come tutti noi. Hanno cercato e continuano a cercare tutto questo dove vivono, dove consumano le loro giornate e dove trascorrono le loro notti. Quanti li hanno incontrati e hanno percorso un pezzo di strada con loro, hanno intuito molto presto che non potevano più “solo” giudicare. Dovevano imparare ad ascoltare, conoscere in profondità il problema di ciascuno, comprendere, parlare con schiettezza, con libertà e senza troppa ipocrisia. Hanno capito che l’unica strada possibile per camminare insieme era “mettersi in gioco”, provare a cambiare se stessi per aiutarli a crescere e a vivere meglio, in modo più umano. Hanno scoperto che aiutare è anche ricevere. Non ci sono steccati tra chi chiede e chi dà, ma si è insieme, nel cercare, nel costruire, nel dare e nel ricevere. In una parola: si condivide e si vive la solidarietà. [In: Luigi Ciotti “Chi ha paura delle mele marce? - giovani, droghe, emarginazione” Torino 1992 ISBN 88-05-02349-3]

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